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È NATA!
​L'alba della Repubblica


"Attenzione, attenzione: Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni, dalla carica di Capo del Governo, Primo Ministro, e Segretario di Stato, presentate da Sua Eccellenza, il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato Capo del Governo, Primo Ministro e Segretario di Stato, Sua Eccellenza il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio"

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È il 25 luglio 1943 quando gli italiani ascoltano questo annuncio via radio: Benito Mussolini, in carica dal 1922, si è dimesso contro la sua volontà, decretando la fine del fascismo. Come un riflesso incondizionato, le folle si riversano nelle piazze urlando di gioia, chiedendo pace e democrazia.
​Ma lo stesso re che fa arrestare il duce per preservare la monarchia dall’oblio, visto l’andamento negativo della guerra nazi-fascista, fugge da Roma poco dopo, lasciando la città facile preda dei nazisti, che da nord stavano scendendo la penisola per riconquistare i territori liberati dalle forze angloamericane. 
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Il trauma è reale, tanto da esser definito come “La Morte della Patria”.

​Non solo l’Italia viene abbandonata dal suo rappresentante più importante intento in un’azione di vigliaccheria, ma finito il regime, si contano ben 21 milioni di iscritti al partito nazionale fascista su una popolazione totale di circa 42 milioni: il caos è totale. L’Italia è divisa tra il Regno del Sud, liberato dagli angloamericani, e la Repubblica Sociale Italiana, formalmente ancora sotto il controllo di Mussolini.


In seguito alla delegittimazione del re da parte del popolo, le forze politiche si schierano su due versanti: quelle decisamente repubblicane (Partito Socialista Italiano, Giustizia e Libertà, Partito Comunista Italiano), e quelle più caute, che preferiscono cioè un ricambio graduale della forma di governo (Democrazia Cristiana, Partito Liberale Italiano, Partito d’Azione, Democrazia del Lavoro).
Con l’armistizio dell’8 settembre, i partiti antifascisti si organizzano nel Comitato di Liberazione Nazionale segnando l’inizio della Resistenza: una guerra civile lunga due strazianti anni che vede contrapposte le forze partigiane, antifasciste e democratiche, ai nazisti e alle brigate nere, sostenitrici della Repubblica Sociale Italiana.
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​Il 13 ottobre il Regno d’Italia dichiara guerra alla Germania nazifascista.

​Per gli angloamericani non siamo veri e propri alleati, siamo il nemico vinto che combatte contro l’alleato di ieri e contro quel pezzo di Italia che ha aderito alla Repubblica Sociale.
Ma è pur sempre un riconoscimento che legittima e consolida il nuovo corso della monarchia italiana. 
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Intanto le bande partigiane, coordinate dal CLN, combattono una lotta clandestina al nord, ancora sotto il controllo dei nazisti, mentre al sud combattono nella politica: gli alleati premono perché la monarchia diventi la struttura portante della nuova Italia, ma il Congresso dei Partiti Liberi e Antifascisti del 1944 segna uno scontro tra la soluzione repubblicana e quella monarchica, tant'è che la decisione istituzionale viene rimandata alla fine della guerra: non tutti sono disposti a tacere le responsabilità della Corona nel corso del ventennio.
Con la Svolta di Salerno, la politica italiana esce finalmente dall'impasse: il re Vittorio Emanuele III, oramai compromesso con il ventennio e privo di credibilità pubblica, si impegna a cedere i poteri al figlio Umberto, senza abdicare. Quest’azione viene colta positivamente dai partiti e il 22 aprile 1944 nasce il primo governo ad unità nazionale: il CLN va al potere e giura fedeltà al re.

​Mentre il 4 giugno gli alleati liberano Roma dall'occupazione nazista segnando il ritorno dei Savoia alla Reggia d’Italia, la questione del rinnovamento della società italiana divide i partiti di governo:
​come giudicare le persone che in passato hanno servito il fascismo?


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Mentre le forze repubblicane vogliono introdurre una legge severa sull'epurazione, i partiti cattolici e liberali vogliono una linea più morbida​. Questo segna l’inizio di una lunga crisi di governo che si risolverà solo alla fine della guerra.
Il 25 aprile 1945 segna la fine dell’occupazione nazifascista.
Alleati e partigiani liberano gloriosamente le città ancora sotto il dominio nemico dando vita al Mito del Nord: gli italiani chiedono a gran voce il rinnovamento dello Stato, pretendendo una rottura profonda con il fascismo e con lo stato liberale che lo aveva preceduto. 
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Un anno dopo, l’Italia era distrutta ma viva: dopo vent’anni di regime e due anni di sanguinosa guerra civile, uomini e donne tornano a discutere liberamente di politica nei bar e nelle piazze.

Il grande tema è: cosa fare della Monarchia?
 

Nel disperato tentativo di salvare l’istituto monarchico, il re Vittorio Emanuele III abdica in favore di Umberto II. Intanto, in 5722 comuni si svolgono le elezioni amministrative e il voto viene esteso per la prima volta alle donne: Democrazia cristiana in testa con 2534 comuni, seguono socialisti e comunisti con un totale di 2289 amministrazioni. 
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Il governo decide di lasciare la parola al popolo, anche per scongiurare future lacerazioni politico-sociali. Così, il 2 giugno 1946, tutti gli italiani affollano i seggi per votare tra Repubblica e Monarchia. 
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Il risultato del referendum viene proclamato il 10 giugno: l’Italia diventa, con una maggioranza di voti, una Repubblica.
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​Le funzioni di capo dello Stato passano al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e l’Assemblea Costituente, che doveva redigere la nuova costituzione, viene eletta lo stesso giorno scegliendo Enrico De Nicola come primo Presidente della Repubblica Italiana.
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© POLITICATION 2020 DI GIADA LUNA GIALLOMBARDO
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